Era, purtroppo, atteso. L’attacco missilistico iraniano contro Israele, mentre Tel Aviv prosegue l’azione militare di terra in Libano, è arrivato. Le Borse, in Europa, non hanno reagito in quanto al momento del lancio dei razzi erano chiuse. Wall Street invece, già in avvio di seduta in ribasso, ha proseguito incerta in territorio negativo. L’S&P 500, in serata, viaggiava in rosso intorno all’1%. Più profondo il calo per il Nasdaq che cedeva circa l’1,9%.
Sale il petrolio
Differente, invece, il discorso per il petrolio. La quotazione del Wti, mentre le televisioni di tutto il mondo mandavano in diretta l’arrivo – e l’abbattimento – dei missili, sono balzate di quasi il 5% a oltre 71,5 dollari al barile. Simile il trend del Brent. Si tratta, a ben vedere, di dinamiche che non sorprendono. L’Iran è un importante produttore di oro nero e il possibile diretto coinvolgimento di Teheran nel conflitto – cosa che tutti non auspicano – inevitabilmente crea forti tensioni sui prezzi del barile.
Acquisti sui titoli della difesa
Analogamente non stupisce – a Wall Street – il balzo di molti titoli della difesa. Cioè come -elegantemente – vengono descritti i gruppi che – tra le altre cose- producono armi. In tal senso, mentre i principali listini vanno al ribasso, Northrop Grumman è arrivata a guadagnare il 4%. Analoga la dinamica per realtà quali Lockheed Martin (+4%) e Bae System (+3%). Gli acquisti, ovviamente, non sono legati ad un’effettivo miglioramento dei fondamentali nell’immediato. Bensì, da una parte allo sfruttare il cosiddetto “momentum” (cioè il sentimento che induce al “buy”, in scia alla notizia dell’attacco, rispetto alle azioni legate al settore); e, dall’altra, alla prospettiva che l’eventuale escalation possa implicare un aumento – purtroppo – delle commesse aziendali.
Borse e guerra
In generale, nonostante la performance negativa, non si assiste però al tracollo dei mercati (almeno finora). Un andamento che meraviglia? La risposta, nuovamente, è negativa. Gli operatori, dapprima, stanno tentando di capire la reale portata della mossa dell’Iran. Cioè: la speranza è che, come già accaduto nel recente passato, si tratti di un’azione di portata limitata – seppure terribile – che non implica il reale allargamento del conflitto in Medio Oriente. Fonti del governo iraniano parrebbero indurre a pensare che la situazione sia proprio quest’ultima. E, tuttavia, la certezza su questo fronte -evidentemente -non è data.
Oltre a ciò, poi, c’è il tema del consueto meccanismo tra “risk on” (”dentro al rischio”) e “risk off” (”fuori dal rischio”) delle Borse in simili situazioni. I mercati, nell’immediato di simili contesti, si muovono in maniera scomposta prima dell’evento. Ciò che non piace agli operatori, infatti, è la situazione di incertezza. Quando l’evento fatale accade, invece, i mercati prendono le misure. E – lo ha dimostrato la storia – a fronte dello scoppio della guerra di solito guadagnano terreno.