Il nodo delle vecchie centrali
L’estensione chiesta dal governo non è l’unica cattiva notizia in arrivo. Il ministero dell’energia starebbe lavorando a una richiesta per esentare del tutto quelle centrali che non dovrebbero avere più di un decennio di attività prima della dismissione. Una prospettiva non molto incoraggiante visto che a oggi, dei 218 gigawatt a carbone installati in India, solo il 10% è dotato delle apparecchiature per ridurre questo tipo di emissioni.
A frenare gli investimenti non ci sono solo i costi dei nuovi impianti, ma anche la necessità di bloccare le centrali per circa un mese per procedere all’installazione. Una prospettiva che non a tutti piace in un Paese che ancora oggi – specie nella stagione estiva, quando aumenta il consumo di energia legato ai sempre più diffusi condizionatori d’aria – fatica a fornire elettricità 24 ore su 24 ai propri cittadini.
Rinnovabili: manca il capitale umano
Il perdurante utilizzo del carbone, per di più senza neppure cercare di ridurne l’impatto ambientale, non è l’unica criticità che zavorra il settore indiano dell’energia. Anche perché la crescita delle rinnovabili, e dei pannelli solari in particolare, sta incontrando dei colli di bottiglia. Soprattutto sul fronte del capitale umano dove lo skill gap viene stimato in 1,2 milioni di lavoratori. Dal settore privato giungono richieste sempre più pressanti nei confronti del governo affinché aumenti gli investimenti nella formazione del personale specializzato nella produzione di pannelli. Secondo alcuni operatori l’attuale budget annuo di circa 5-6 miliardi di rupie, una sessantina di milioni di euro, andrebbe moltiplicato per dieci.
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