La Fed taglia i tassi di un quarto di punto, portandoli in una forchetta fra il 4,50% e il 4,75 per cento. Per la banca centrale Usa è la seconda riduzione consecutiva del costo del denaro. In settembre aveva infatti tagliato i tassi di mezzo punto. La decisione arriva a poche ore dall’esito delle elezioni americane che hanno sancito il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. L’inflazione ha fatto progressi verso l’obiettivo del 2% ma resta elevata, si legge nel comunicato diffuso al termine della due giorni di riunione.
Trump lascerà a Powell di portare a termine il mandato
Intanto, dalla Cnn, arriva l’indiscrezione che il presidente eletto Donald Trump consentirà in tutta probabilità al presidente della Fed Jerome Powell di restare in carica per il resto del suo mandato, che scade nel maggio del 2026. Diversi nell’entourgae del presidente-eletto aspirano alla guida della Fed. Fra questi c’è Gary Cohn, l’ex di Goldman Sachs che ha lavorato nella prima amministrazione Trump, ma anche l’ex membro della Fed Kevin Warsh e l’ex capo economista del tycoon Kevin Hassett.
I tagli della Bce
Di qua dall’Atlantico, il 17 ottobre scorso la Bce ha tagliato i tassi di 25 punti base: il terzo taglio da giugno. La Banca centrale europea ha portato i tassi sui depositi al 3,25%, il tasso di rifinanziamento al 3,40% e il tasso sulla deposit facility al 3,65%. La decisione da parte della Banca centrale è stata presa alla luce di una nuova valutazione delle prospettive di inflazione, dopo il dato di settembre – un aumento dell’indice dell’1,7% annuo – e le indicazioni di un rallentamento dell’attività economica (che raffredda, e nella misura in cui raffredda, i prezzi): la volatilità della produzione industriale e la crescita lenta dei servizi dopo una robusta stagione estiva mentre i consumi sono aumentati meno delle attese. I rischi sulla crescita restano orientati verso il basso.