Gli obiettivi delle espulsioni
Non è chiaro agli osservatori quanto profonda sarà la campagna. Le espulsioni anche in numeri significativi non sono una novità per gli Usa: nei quattro anni di Joe Biden e nel primo mandato di Trump, hanno interessato circa 1,5 milioni di persone. Durante il primo mandato di Barack Obama furono 2,9 milioni i migranti espulsi. Trump ha però ora affermato di voler cacciare molti degli oltre 11 milioni di clandestini che vivono negli Usa, spesso da anni.
Sradicare milioni di immigrati irregolari, integrati nel tessuto sociale ed economico, è considerato da molti, al di là di ogni altra considerazione, difficile da realizzare: impossibile rintracciarli tutti, improponibile il costo, la logistica delle detenzioni e il danno per l’economia. La stessa amministrazione calcola di aver bisogno di quasi 100 miliardi di dollari solo nella prima fase, tra personale di polizia e carceri. L’amministrazione repubblicana – suggeriscono alcuni esperti – potrebbe avere anche l’obiettivo, non dichiarato, di generare nel Paese un clima di paura, che agisca come deterrente per chi vuole arrivare e spinga sempre più nell’ombra chi rimane.
I primi ordini di Trump
Solo nel primo giorno da presidente, Trump ha firmato dieci ordini esecutivi sull’immigrazione, per dozzine di politiche e normative, anche del tutto inedite. Il blitz è proseguito nei giorni e nelle settimane successive, con almeno 21 ordini. Ha dichiarato «l’emergenza nazionale contro l’invasione dei migranti». Ha congelato l’arrivo di decine di migliaia di rifugiati già vagliati e autorizzati, compresi 15mila afghani. Ha eliminato i programmi per i permessi umanitari da anni offerti a mezzo milione di cittadini di Cuba, Haiti, Venezuela e Nicaragua. Ha lanciato retate in grandi città: tra il tra 20 gennaio e il 2 febbraio gli agenti dell’immigrazione hanno effettuato 8.200 arresti, 6.600 sono stati quelli compiuti da altre forze dell’ordine.
Il cervello e la squadra delle espulsioni
Spesso le retate sono avvenute sotto i riflettori, con grande attenzione anche agli aspetti mediatici, alla presenza costante dei ministri di spicco nella campagna contro i migranti: lo zar dei confini, Tom Homan, e la segretaria alla Sicurezza interna, Kristi Noem.
Il vero cervello delle strategie sull’immigrazione, però, è sicuramente Stephen Miller: il vicecapo dello staff per la policy è oggi anche consigliere per la Sicurezza interna, ma da anni è al fianco di Trump a ripetere lo slogan: «L’America agli americani». Miller, 39 anni, ha fatto carriera nei ranghi ultra-conservatori repubblicani e già durante il primo mandato del tycoon aveva concepito la politica della tolleranza zero per i clandestini, della separazione delle famiglie, e del blocco degli arrivi dai Paesi musulmani.