Nonostante l’abbandono, solo pochi mesi fa, della strategia di sviluppo di un «mattoncino biodegradabile», Lego guarda con rinnovato ottimismo all’obiettivo di eliminare, entro il 2032, ogni componente fossile dal proprio processo produttivo, anche se questo comporterà costi aggiuntivi. Lo ha dichiarato il ceo dell’azienda danese, Niels Christiansen, presentando un bilancio semestrale record, con un balzo del 26% degli utili operativi, in controtendenza rispetto ai concorrenti Mattel e Hasbro.
Obiettivo: soglia del 50% entro il 2026
Secondo i dati pubblicati mercoledì 28 agosto, il 30% di tutta la resina (la materia prima per produrre i mattoncini) acquistata dal gruppo è stata già certificata nel primo semestre come proveniente da fonti rinnovabili e riciclate, in deciso aumento rispetto al 18% registrato nel 2023. Christiansen ha confermato che l’azienda punta a superare la soglia del 50% entro il 2026 ed è sulla strada giusta per raggiungere l’obiettivo del 100% nel 2032, dopo aver firmato accordi con i produttori per garantire una fornitura a lungo termine. I fornitori di Lego -– Christiansen non ha comunicato al mercato quali siano i partner commerciali e neppure ha indicato dettagli su prezzi o volumi – utilizzano rifiuti organici come olio da cucina o grassi di scarto dell’industria alimentare, nonché materiali riciclati, per sostituire la componente di origine fossile.
Il test su 600 materiali
Lego, che vende miliardi di mattoncini di plastica ogni anno, ha testato nel recente passato oltre 600 materiali diversi per sviluppare un nuovo materiale che sostituisse completamente i mattoncini a base di petrolio entro il 2030, ma con un successo limitato, scegliendo lo scorso settembre di abbandonare questa strategia, anche perché rischiava paradossalmente di provocare un aggravio di emissioni nel processo produttivo. La nuova scelta di controllare la sostenibilità della filiera degli acquisti all’insegna della sostenibilità (il mercato vede ancora il 90% della plastica prodotta con materiale vergine, ma anche concorrenti come Hasbro e Mattel stanno adottando strategie di riposizionamento) comporta naturalmente un prezzo.
«Si tradurrà in un aumento significativo del costo di produzione di un mattoncino Lego» ha detto ieri il ceo, stimando un incremento tra il 60 e il 70%,ma sottolineando che «con una famiglia proprietaria impegnata nella sostenibilità, è un privilegio poter pagare un extra per le materie prime senza dover addebitare costi aggiuntivi ai clienti».
Utile operativo a 1,1 miliardi
Intanto nella prima parte dell’anno, come detto, l’utile operativo del gruppo danese è cresciuto del 26% raggiungendo la cifra record di 8,1 miliardi di corone (1,1 miliardi di euro). I ricavi sono saliti a 31 miliardi di corone danesi (4,2 miliardi di euro), in crescita del 13% sullo stesso periodo del 2023. Nel frattempo l’azienda è alla ricerca di nuove partnership digitali, dopo il successo dell’operazione Fortnite in partnership con Epic Games, che ha già raggiunto 83 milioni di persone. Secondo il ceo, Lego deve rimanere rilevante per i suoi utenti, «sempre più presenti digitalmente, per garantire che continueranno a interagire con il marchio Lego decenni dopo». Lego Fortnite, che ha debuttato a dicembre, è considerato un concorrente di Minecraft e a ottobre debutterà sul mercato anche la nuova gamma di set a tema. «Continueremo a svilupparci nel mondo digitale – ha concluso il ceo –. Non è una novità per Lego stringere partnership e accordi di licenza, la nostra ambizione fare di più».