Sembra sempre più in salita il progetto di una cordata tutta italiana guidata dalla Banca Finint di Enrico Marchi per rilevare il 10% di Mps. I sondaggi finora portati avanti presso family office e imprenditori, si apprende, avrebbero registrato diverse chiusure. Tant’è che, secondo quanto ricostruito da Il Sole 24Ore, alcuni player di spicco che avrebbero potuto dare un sostegno importante alla realizzazione del piano, come la Msc di Gianluigi Aponte, contattata, si sarebbe sfilata dopo aver valutato il dossier. I tempi, però, sono molto stretti, considerando che, si apprende, il collocamento del 10% di Siena da parte del Governo dovrà avvenire entro il 28 novembre, giorno in cui negli Usa si celebra il giorno del ringraziamento.
Aponte si sfila dalla cordata Marchi
Il Mef, socio con il 26,7% di Mps, è al lavoro sul futuro di Siena. Il Tesoro starebbe sondando diversi interlocutori ai fini del disimpegno definitivo dal capitale della banca senese, concordato con l’Unione Europea entro fine 2024.
L’operazione, che contemplerebbe una prima tranche del 10%, dovrebbe avvenire entro il 28 novembre. Allo studio ci sono diverse opzioni, dal collocamento lampo, come finora sperimentato dal socio pubblico, alla cessione diretta a soggetti terzi. E qui entra in gioco la cordata che starebbe cercando di costruire Marchi. Il numero uno di Banca Finint e Save, come riportato nelle scorse settimane da indiscrezioni di stampa, starebbe sondando il terreno per mettere assieme un nocciolo duro di imprenditori, per raccogliere circa 800 milioni ai fini di rilevare gran parte della quota che il Tesoro vorrebbe dismettere. Il piano, si apprende, prevederebbe che il pacchetto di circa il 10% di Siena dovrebbe essere suddiviso tra i diversi soggetti della cordata con quote tra l’1 e il 2%. E in quest’ottica diversi interlocutori avrebbero ricevuto il dossier, soprattutto family office. Uno dei primi imprenditori a cui si sarebbe rivolto Marchi sarebbe il numero uno di Msc Gianluigi Aponte. Secondo quanto riferito da alcune fonti, il patron di Msc avrebbe fatto sapere di non essere interessato all’operazione. Soprattutto perché molto lontana dalla filosofia di investimento di Msc, orientata a rilevare quote di controllo e non pacchetti finanziari di minoranza.
Msc, contattata da Il Sole24 Ore, non ha rilasciato commenti.
Il doppio binario
Più in generale, secondo diversi osservatori, il percorso verso l’individuazione di una cordata tutta italiana appare sempre più complesso. Tant’è che, salvo colpi di scena all’ultimo minuto, appare sempre più verosimile che si proceda come in passato attraverso un collocamento sul mercato. Come noto, a novembre 2023 il Ministero dell’Economia ha realizzato il collocamento di un primo pacchetto del 25% di Siena per 920 milioni, per poi procedere a marzo con la vendita di un altro 12,5% per altri 650 milioni. L’alternativa al “puro” mercato, è che possa subentrare già in questa prima fase un partner industriale, almeno parzialmente, in modo che si possa procedere da un lato a un alleggerimento della quota pubblica ma nelle stesso tempo alla creazione delle basi per un futuro progetto di matrimonio. E qui il mercato continua a scommettere su un ruolo di Unipol, che per bocca del presidente Carlo Cimbri si è già detta interessata a una partnership bancassicurativa. Ad oggi, ha sottolineato di recente Cimbri, un’interlocuzione per una eventuale partnership industriale tra Mps e Unipol sulla bancassurance “non c’è”. Anche perché Siena ha un accordo con Axa che scade nel 2027. E qui è il punto. Unipol, come dichiarato più volte da Cimbri, non è e non sarà mai interessata a una quota nel Monte dei Paschi di Siena senza un corredo industriale, e dunque una alleanza nella bancassicurazione, che tuttavia oggi «non è nella disponibilità» di Siena.