Ad urne elettorali appena chiuse in tutti gli Stati Usa, il team della campagna elettorale di Donald Trump è entrato in modalità “transizione”, con una inattesa accelerazione che ha sorpreso sia i collaboratori del presidente eletto, esausti per la lunga maratona elettorale, sia i media. In una riunione convocata a Palm Beach in Florida ad appena 12 ore dalla fine delle elezioni – racconta “Politico”, la bibbia della politica internazionale in generale e statunitense in particolare – i consiglieri di Trump si sono affrettati ad avviare i piani di transizione, in particolare come gestire il processo di selezione su persone e politiche che daranno forma alla seconda Casa Bianca di Trump.
Sullo sfondo, le priorità già annunciate da Trump in campagna elettorale, dalla sicurezza delle frontiere alle trivellazioni petrolifere per far scendere i prezzi dei carburanti e contribuire a garantire l’indipendenza energetica degli Usa. Con il Congresso potenzialmente sotto il pieno controllo dei Repubblicani, la squadra di Trump e i suoi consiglieri per la transizione guidati da Howard Lutnick, presidente e amministratore delegato di Cantor Fitzgerald e co-presidente del Trump 2024 Transition Team, sono pronti a promuovere alcuni aspetti del suo programma “America First”. Senza dimenticare la promessa di risolvere le due guerre, in Ucraina e in Israele, in 24 ore. Ma prima devono avviare il processo di selezione dei candidati per dare un volto ai ruoli chiave del suo gabinetto e della sua amministrazione nel complesso.
Il ruolo del mondo degli affari e il lavoro di scouting dei Think tank
La prima grande decisione che Trump dovrà prendere è chi sarà il suo capo di gabinetto. Susie Wiles, la sua principale consigliera per la campagna, è una delle principali candidate, secondo quanto riferito al Washington Post da diversi consiglieri di Trump. Altro nome possibile è quello dell’avvocato Brooke Rollins, presidente e amministratore delegato dell’America First Policy Institute. Il processo di transizione intrapreso dal team Trump si avvale anche del lavoro di scouting dei think tank conservatori, tra cui proprio l’America First Policy Institute, i cui vertici stanno svolgendo un ruolo di primo piano.
Per l’incarico chiave di Segretario di Stato, alcune settimane fa nel corso di un pranzo con i membri conservatori del Congresso Robert O’Brien, ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, avrebbe fatto i nomi – riferisce sempre “Politico” – del senatore della Florida Marco Rubio, già in lizza come possibile vicepresidente di Trump. Nella stessa occasione sarebbero circolati anche i nomi del senatore Bill Hagerty , già consigliere economico della Casa Bianca durante la presidenza di George H. W. Bush e dell’ex direttore ad interim dell’intelligence nazionale Rick Grenell. Il senatore Tom Cotton (reduce della guerra in Iraq e in Afghanistan, dove ha servito nella 101ª Divisione aviotrasportata) sarebbe invece un nome possibile per il ruolo di segretario alla Difesa.
Il co-presidente della transizione, Howard Lutnick, ha fatto nomi e curriculum di uomini d’affari noti a Wall Street come Steve Schwarzman, Chuck Schwab e Ross Perot Jr., a cui è stata chiesta una mano a individuare nomi candidabili per le posizioni di vertice. Il team di transizione di Trump ha anche richiesto memo politici a potenziali funzionari dell’amministrazione, mentre Linda McMahon, ex amministratrice delle piccole imprese e co-presidente della transizione di Trump, è stata incaricata di elaborare politiche su questioni che vanno dall’intelligence alla politica economica, dall’immigrazione alla politica energetica.
Gli outsider vicini alla Casa Bianca
A giudicare dalla vicinanza politica e finanziaria al candidato Trump dimostrata negli ultimi mesi, e alla loro presenza a Mar-a-Lago il giorno dopo l’elezione, sono in molti a scommettere in un ruolo di primo piano nella nuova amministrazione per il conduttore di media conservatori Tucker Carlson e dell’amministratore delegato di Tesla e miliardario Elon Musk. Per lui, in particolare, sarebbe allo studio un ruolo come riformatore dell’organizzazione dell’amministrazione federale, con un occhio soprattutto al taglio delle spese e dei costi amministrativi.