Eurobond negli indici governativi? Possibile un risparmio fino a 25 miliardi

Gli Eurobond all’interno dei principali indici obbligazionari riservati ai titoli governativi? La proposta potrebbe rappresentare un elemento chiave per migliorare la liquidità e l’efficienza di un mercato – quello dei bond emessi dall’Unione europea per finanziare anche il programma Next Generation Eu – che stenta ancora a ingranare e provoca già movimento sui listini. A tornare su un argomento che in questi giorni tiene banco anche a livello istituzionale, ma affrontandolo dal lato più squisitamente finanziario, è uno studio di Intesa Sanpaolo, all’interno del quale si analizzano le questioni in gioco, giungendo alla conclusione che l’inclusione nei benchmark sarebbe positiva, ma probabilmente non risolutiva per rendere più competitivo questo strumento di fondamentale importanza.

La riforma allo studio

Lo spunto lo offre la consultazione pubblica che Ice Bofa, uno dei principali gestori di indici finanziari a livello globale, ha lanciato sulla possibilità di considerare la Commissione Ue alla stregua di un «emittente sovrano» e di riclassificare perciò i suoi bond all’interno dei propri indici. Il sondaggio si chiuderà a fine giugno e una decisione definitiva sarà annunciata il prossimo agosto, con eventuale entrata in vigore da fine ottobre di modifiche che non sembrano proprio da sottovalutare.

IL MERCATO DEGLI EUROBOND

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Sotto l’aspetto tecnico, ricorda Intesa Sanpaolo, le 53 emissioni Ue per un ammontare nominale corrente di 520 miliardi di euro sono infatti incluse nell’indice Ice-BofA Euro Quasi-Government che raccoglie gli emittenti sovranazionali dell’eurozona, dove valgono circa il 19% del totale. Il loro trasferimento nell’Ice Euro Government ridurrebbe la quota al 5,4% del benchmark, ma darebbe l’opportunità di far parte di un indice ben più corposo (con un valore nominale più che triplo, di quasi 8.500 miliardi contro 2.700 miliardi del precedente) e presente nei portafogli degli investitori istituzionali.

GLI SPREAD SUL BUND

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La reazione del mercato

L’annuncio della possibile inclusione negli indici governativi non è di sicuro passata inosservata, visto che da inizio aprile a oggi lo spread fra i rendimenti decennali degli Eurobond e dei Bund tedeschi si è ridotto di 5 punti base e in generale si è notata una migliore performance rispetto agli altri emittenti europei. «I progetti in via di attuazione per incrementare la liquidità, tra i quali l’inclusione negli indici benchmark governativi, potranno sostenere a nostro avviso un’ulteriore sovraperformance dei titoli Ue», conferma Chiara Manenti, strategist sul reddito fisso di Intesa Sanpaolo, sottolineando però che l’effetto favorevole rischia di avere breve durata.

Nel lungo termine il problema principale resta quello di un mercato che viene percepito come transitorio

«Nel lungo termine, così come testimonia il premio richiesto dagli investitori, il problema principale resta quello di un mercato che viene percepito come transitorio», ammette Manenti, ponendo l’attenzione sul fatto che «la duration media dei titoli in circolazione con queste caratteristiche si ridurrà velocemente già dal 2030 in poi e tutte le obbligazioni scadranno entro il 2058». Qui il tema di mercato rischia però di intrecciarsi con le trame politiche, perché l’analista sottolinea anche come «in questa prospettiva sarebbe essenziale se la proposta del Commissario all’economia Paolo Gentiloni sul finanziamento del modello di crescita dell’Unione europea avesse seguito».

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