Polonia, vittoria dei centristi di Tusk: «Siamo un faro di speranza in Europa»

La Coalizione civica (Ko) del primo ministro Donald Tusk ha prevalso nelle elezioni europee di ieri, confermandosi – secondo gli exit poll – prima forza in Polonia dopo una campagna dominata dalle preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Con la guerra nella vicina Ucraina e una crisi migratoria al confine con la Bielorussia, Tusk ha fatto appello ai polacchi chiedendo loro di «scegliere tra un futuro sicuro in un Paese al centro dell’Unione europea o un Paese a rischio» nel caso in cui avesse vinto il partito nazionalista Legge e Giustizia (PiS) di Jaroslaw Kaczynski, noto per i suoi conflitti con Bruxelles.

«Abbiamo dimostrato che le nostre scelte, i nostri sforzi, hanno una dimensione molto più ampia delle nostre questioni nazionali, abbiamo dimostrato di essere un faro di speranza per l’Europa», ha detto Tusk ai sostenitori dopo le prime anticipazioni sui risultati. Secondo gli exit poll Ipsos, Coalizione civica ha vinto con il 38,2% dei voti e 21 deputati, ben al di sopra delle aspettative della vigilia. Il PiS si è al 33,9% e 19 rappresentanti. Gli alleati di Ko nel governo di coalizione, il centro-destra Terza Via e la Sinistra, hanno ottenuto l’8,2% e il 6,6 per cento. Il partito di estrema destra Confederation ha ottenuto l’11,9 per cento.

Tusk, ex presidente del Consiglio europeo, descrivendo uno scontro epocale tra Europa e Russia aveva insistito sulla necessità di contenere l’avanzata dei partiti vicini a Vladimir Putin. «Credetemi, per il Cremlino, la conquista politica di Bruxelles sarebbe più importante della cattura di Kharkiv», aveva spiegato, aggiungendo: «Non dobbiamo addormentarci, non possiamo riposare sugli allori».

Il risultato – comunque da confermare – segna la fine dello strapotere della destra nazionalista che accusa l’attuale governo polacco di essere troppo vicino agli interessi della Germania. Tusk è arrivato a definire gli esponenti del PiS in Parlamento come «traditori pagati e lacchè di Mosca» per avere stretto un patto con i partiti euroscettici di Viktor Orban in Ungheria e Marine Le Pen in Francia.

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